ELY BIELUTIN
Nasce a Mosca nel 1925 in una famiglia di pittori, scrittori e musicisti, di origine italiana: il nonno, Paolo Stefano Belucci, direttore d’orchestra e noto collezionista d’arte, emigra da Belluno in Polonia; Michele, suo padre, pittore e scrittore, si trasferisce a Mosca, cambiando il cognome in Bielutin.
Alla fine della guerra, l’artista frequenta l’Istituto di Belle Arti di Mosca e entra a fare parte dell’Unione dei pittori russi. Il suo stile, così lontano dal realismo socialista, gli costa l’espulsione dall’Unione già nel 1948. Nello stesso anno, organizza con altri sei artisti un primo nucleo della futura Scuola d’arte della Novaja real’nost’ (Realtà nuova), che aprirà ufficialmente solo dopo la morte di Stalin.
Il 1962 è l’anno cruciale: organizza nel suo atelier un’esposizione di opere di artisti della scuola russa degli anni venti — tra cui Robert Fal’k, i fratelli Stenberg e Pavel Kuznecov — seguita dalla prima proiezione del film Ivanovo detstvo (L’Infanzia di Ivan) di Andrej Arsen’evič Tarkovskij.
La polizia fa irruzione, sequestra le opere e chiude la scuola. La mostra viene riallestita nella sala del Maneggio a Mosca ma, nel giorno dell’inaugurazione, Chruščev strappa le tele, definendo la sua arte “corrotta“ e incompatibile con lo Stato e il Partito. Nel 1964 Bielutin trasferisce la scuola nel villaggio di Abramcevo, dove continua a operare clandestinamente fino alla distruzione dell’atelier, tre anni dopo, e alla condanna del partito nel 1969, in cui l’artista è dichiarato nemico dell’Unione Sovietica, insieme a Aleksandr Solženicyn.
Nonostante i problemi in patria, Bielutin continua a riscuotere un notevole successo all’estero.
Nel 1965 alcune sue opere entrano a far parte del Museo Nazionale d’Arte Moderna di Parigi, espone alle Biennali parigine del 1965 e del 1969, e partecipa a diverse mostre in Italia, ottenendo la nomina di membro dell’Accademia italiana dell’arte e la medaglia d’oro della Mostra nazionale d’arte figurativa.
Negli anni settanta tiene mostre a Boston, Londra, Parigi e Varsavia. Solo alla caduta del regime, nel 1991, dopo ventotto anni di clandestinità, gli è permesso allestire una mostra alla galleria del Maneggio a Mosca; ottiene scuse pubbliche dal ministero della Cultura per i fatti del 1962 e, per la prima volta, esce dalla Russia per presenziare alle due mostre statunitensi e alla grande retrospettiva organizzata a Villa San Carlo Borromeo.
Qui partecipa nel corso degli anni a numerose mostre collettive: La Russia. Il realismo, il costruttivismo, l’impressionismo (1999), La luce di Mosca (1999), Il ritratto. Le radici artistiche e culturali dell’Europa (2005), Donne (2006), Il bello, l’arte, la scrittura. L’Europa, la Russia, la Cina, il Giappone (2007), L’incarnazione del colore e la scrittura della luce (2007), I tesori della Russia (2008).
Con Spirali ha pubblicato Il nostro paradiso (1992), Altre galassie (1992), e Vasilij Kandinskij, Ely Bielutin a cura di Nadine Shenkar (2003). |