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L'impressione della luce
di Armando Verdiglione

Lontano, un enorme caseggiato, con vari portoni, lungo il viale. Costruito per gli artisti. Ciascuno di loro, nel suo atelier angusto, ha imparato a assumere il destino della Russia e del pianeta, ma anche a decidere, dipingendo, del proprio avvenire. I caseggiati sono molti, distribuiti in vari quartieri abbastanza periferici. E moltissimi gli artisti. Quasi mai un artista riesce a mantenere decorosamente sé e la propria famiglia.

A ottantatré anni, Andrej Lyssenko, vive quasi sempre a Abramzewo, un villaggio di artisti non molto lontano da Mosca. Eppure, il suo atelier a Mosca testimonia di ben più di sessant'anni di produzione, dalla regione di Rostov a Samarcanda, da San Pietroburgo al Mar Nero, dal fiume Kuban' a Mosca.

Disegni che proseguono quelli che da bambino faceva a carboncino sulle pareti di casa, oppure su carta con le prime matite e i primi colori che la madre gli aveva comperato. Carta, cartone, fogli, tele. Pareti e scaffali del piccolo atelier sono riempiti di opere.

Ciascuna opera redige, fissa e scrive un pezzo di storia e di politica della Russia, un lembo di cielo o di mare, uno scorcio di collina o di pianura, in una perenne favola di luce. Le età, le case, le città, i fiumi, le montagne, i campi, il clima, gli umani intervengono qui come modi dell'eterno, anziché come soggetti della pittura.
Neppure il Pittore dimenticato (1982) è un autoritratto. Costituisce, invece, il ritratto della pittura e del suo romanzo. Nessuna lamentela. Nessuna rivendicazione. I pennelli. Le mani disposte a forma di croce o di chiasmo. L'intensità della luce. La decisione. La sicurezza.

Nella produzione di Andrej Lyssenko, ciascun elemento della vita civile, politica, intellettuale, ciascun tratto della terra e del cielo, ciascun dettaglio del paese, ciascun aspetto dell'esperienza, ciascun gesto di guerra, di pace o di rivoluzione, istituzionale o privato, in breve, ciascuna cosa partecipa alla glorificazione della vita attraverso la pittura.

Festa. Celebrazione. Gioia. Ciascuna cosa è esplorata, annotata, scritta, quasi a partire dall'estate della geografia. Ciascuna volta, la decisione sta nell'artificio. Ciascuna volta, Andrej Lyssenko porta le cose, della storia e della politica, della città e dell'istituzione, verso la luce. Verso l'ascolto. Verso l'intendimento.
Leggete la Pioniera del 1952: l'aleph indica che il quadrato è impossibile e che dall'apertura procedono tanto il colore quanto la luce, come l'intera combinazione.
Anche nell'opera del 1953, dal titolo In primavera, la geometria è impossibile, sicché il programma, che si fa di luce, cioè di ascolto, procede dal diagramma.
E nella Pioggia, sempre del 1953, il paesaggio è già scrittura della vita, quasi saga della civiltà. Anche nel Coltivatore delle Terre Vergini (1955), dal quadrato impossibile procede il viaggio intellettuale.

Leggete L'onda s'infrange, del 1958: e notate quanto questa pittura intenda gli stessi disegni di Leonardo. Leggete Giorno di sole (1960), capolavoro grandioso e magnifico: la donna, il tavolo, il cesto con la frutta, il libro aperto, il vaso con i fiori, le due finestre, il giardino, da una parte e dall'altra, la luce, la sua distribuzione, la sua scrittura, il compimento.

Soffermatevi sui Meli in fiore (1961) o sulla Riva soleggiata (1968): e vi accorgete che anche il miracolo si scrive. Fino al paradigma della gloria.
Leggete ciascuna opera di questo libro d'arte. La luce non viene dalla parte dell'uditore dell'opera. Viene da altrove. Viene dall'eternità dell'istante. Viene dall'altro tempo, che esige la piega. La controluce pone in risalto il processo di glorificazione della vita attraverso la sua scrittura. Scrittura della luce. Scrittura della pittura. Scrittura dell'itinerario della civiltà.

Ciascuna opera insiste sull'impressione. Sull'impressione della luce. Sul suo imprimatur. Sulla cifratura della festa.
L'impressionismo di Andrej Lyssenko sta qui: la vita si scrive e si glorifica. Qualificandosi. Il realismo non è socialista, ma impossibile, instaurato dall'autorità, propria alla rimozione, e con la capacità, che è dell'etica. Il costruttivismo giova all'impressione: l'idea opera perché la vita si scriva. E resti.

L'opera di Andrej Lyssenko resta. Consegnata, nella sua solennità gioiosa, a chi sarà in grado di udire e di leggere, attraverso essa, il cielo e la terra. Senza più sistema.

© Cooperativa editrice culturale Spirali/Vel a r.l. Milano