Josif Gurwich
 
 
 

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RINASCIMENTO VIVO

 

Conversazione con Elena Gurwich e Armando Verdiglione

C'è qualcosa di nuovo, di assolutamente nuovo, che non c'era prima: è la Russia, parte integrante dell'Europa, e, nel prossimo decennio, suo centro culturale. Quel che prima, in America, in Europa occidentale, in Giappone sembrava trovare indifferenza, — i libri degli scrittori russi, le opere degli artisti russi — suscita oggi grande interesse. Proprio adesso è interessante avviare uno scambio con artisti, con scrittori, con filosofi, con ricercatori. La questione dell'apertura, dell'ascolto e dello squarcio che ci porta in Russia, ci dà anche l'occasione di portare la Russia nell'Europa. Vari artisti, sconosciuti al pubblico europeo, importantissimi nell'arte del nostro secolo, possono oggi esporre le loro opere in Italia. Gl'incontri sono sempre inaspettati, il profitto intellettuale incalcolabile. È il caso di Josif, Elena e Michail Gurwich. La qualità della loro arte rende infamiliare e densa di novità questa avventura. Ora a Mosca. Ora a Milano. Ora con Josif. Ora con Elena.

ARMANDO VERDIGLIONE
Ho incontrato Elena Gurwich i primi di ottobre dell'anno scorso. Avevo incontrato prima più volte, durante i primi sette mesi del 1992, il papà, Josif Gurwich, nel suo atelier a Mosca. Ottantacinque anni, eppure dal volto molto giovane. Avevamo discusso dell'eventualità che venisse, nel marzo 1993, in Italia. Mi ha risposto che avrebbe voluto venire, non con l'aereo né con il treno, ma in macchina, con suo figlio Michail. Josif Gurwich è un personaggio leggendario, un artista leggendario, famoso fin dagli anni venti nell'Europa occidentale, in America, in Giappone. Ebreo. Noto anche in Italia agli specialisti. Le sue opere sono inserite nelle antologie della più importante e più rilevante arte russa di questo secolo. È chiaro, dunque, che io sono andato a incontrarlo. L'atelier era a Mosca in un palazzo dove c'erano altri atelier. Alcuni quadri stavano nel corridoio, altri all'interno. Molti erano stati venduti. Io ho fatto l'ultima intervista a Josif nel luglio dell'anno scorso. L'ho interpellato intorno alla sua storia come artista, fin da quando era bambino. Mi raccontò che era andato in una scuola, e non avendo i soldi per l'iscrizione aveva detto al direttore che suo papà, a fine mese, avrebbe pagato. Il direttore notò che era molto bravo e l'ammise anche sapendo che suo papà, a fine mese, non avrebbe potuto pagare. Josif ha proseguito, ha fatto concorsi, anche durante la guerra. Ha fatto disegni, quadri; ha raccontato e ha elaborato, a suo modo, i temi stessi della guerra. Personaggio squisito, straordinario, la sua arte è bellissima. Tra i suoi quadri, ce n'è uno che effettivamente può far ricordare Cézanne. Certamente Cézanne, la cui lezione ha influenzato l'arte del Novecento, l'arte moderna, è stato per Josif un riferimento, ma ancora di più, per Josif, lo è stato il Rinascimento. Josif Gurwich non è per nulla iconoclasta, tutt'altro. C'è qualcosa che lo distingue, ciascuna volta, che si tratti di un nudo, di un paesaggio, di una natura morta. Elena ha seguito un po' la scia del grande maestro, ma a suo modo. In modo autentico, generoso. Michail ha seguito un'altra via, anche se vi possiamo leggere uno stesso itinerario. Incontro Elena, donna splendida, squisita. Elena, con la sua intelligenza, con la sua dolcezza. Vorrei chiederle qualcosa di questo intreccio tra la storia di Josif Gurwich, suo papà, maestro, artista e la sua storia come artista. Elena Gurwich, figlia di Josif Gurwich, e quindi parte essenziale di questa famiglia artistica che ora sta a Mosca, ora qui e poi altrove, ma sempre nella parola. La storia di Josif come artista e la storia di Elena come artista.

ELENA GURWICH
Ciò che desidero dire a proposito di mio padre e della mia arte è che ricordo, sin dall'infanzia, che papà lavorava dalla mattina alla sera, non aveva mai giorni liberi né feste, mentre la mamma si occupava della nostra educazione. Nonostante ciò, essendo mio padre una persona dal carattere forte, entusiasta e infervorato per l'arte, mio fratello e io siamo stati inevitabilmente influenzati dalla sua persona. Egli ha avuto un ruolo molto importante nella nostra formazione artistica. Mio fratello iniziò a dipingere sin dalla prima infanzia, proprio come mio figlio, mentre io iniziai solo quando frequentavo la decima classe. Anche se con questo ritardo, è stato mio padre il primo maestro. Insegnava nella scuola d'arte per l'infanzia, aveva allievi, ma io andavo nel suo studio e lavoravo. Era molto difficile lavorare con lui: egli era estremamente esigente con la propria arte e altrettanto esigente con mio fratello e con me. Mio fratello e io venivamo trattati altrettanto severamente. La sua severità nei nostri confronti era persino maggiore di quella che era solito usare con i suoi allievi. Quando l'opera era quasi terminata, la cosa che più preferiva era avvicinarsi e dire che non andava bene niente, quindi prendeva un rasoio e ripuliva completamente la tela. Quel suo modo di agire ha avuto un'influenza positiva su di noi: gli siamo molto grati perché ci ha insegnato a non temere di cancellare tutto il lavoro per poi ricominciare daccapo. Ha lavorato fino all'ultimo giorno della sua vita. Quel giorno andò nel suo studio, proprio come aveva fatto, ciascun giorno, per tutta la vita. E era come se avesse fretta di fare tutto ciò che non era ancora riuscito a fare. Purtroppo, nella mostra che abbiamo allestito in Italia sono esposti i piccoli studi, eseguiti negli anni Quaranta, e gli ultimi dodici capolavori dipinti negli ultimi anni delle sua vita. L'assenza di opere prodotte nei cinquanta anni che intercorrono fra i due periodi non permette al pubblico italiano di avere una visione globale dell'evoluzione e dello sviluppo della sua arte. Siamo comunque molto grati al professor Vermiglione perché ci ha offerto la possibilità di realizzare in Italia una mostra postuma delle opere di nostro padre.

A.V. Qual è il ricordo più bello di suo papà come artista?
E.G. I critici d'arte parleranno di lui come pittore. I miei ricordi più belli sono quelli legati alla sua figura di padre.
A.V. Allora, il ricordo più bello è Josif come papà?
E,G. Era una persona molto allegra, amava molto raccontarci storie, a volte fantastiche, esse incominciavano nella nostra infanzia e hanno proseguito a raccontarsi nell'infanzia di mio figlio. Erano storie che avevano un seguito, e continuavano nel corso degli anni.
A.V. Quindi erano sempre le stesse storie che proseguivano, non erano storie che si ripetevano e che lui ricordava come sempre le stesse. Quelle che raccontava a Vladimir erano il proseguimento di quelle che raccontava a lei.
E.G. Sì.
A.V. Stessi personaggi, ma la storia proseguiva.
E.G. Sì, con gli stessi personaggi. Della sua arte e di raccontare storie, non si stancava mai. A.V. Ecco come vive un intellettuale ebreo a Mosca. Josif ha fatto molti quadri con i paesaggi marini...
E.G. Sì. Dipingeva tutto quello che lo circondava: era la sua patria, dove trascorse tutta la sua infanzia.

Il materiale di questo sito è tratto dai libri d'arte di Josif Gurwich, disponibili al sito di Spirali


 
     
 
 
 
 
 
The second renaissance Edizioni Spirali