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di Mariella Borraccino (estratto)
Nel Bozzetto di tasca del 1917, gremito di figure — soldati? marinai? una banchina, un molo di partenza o di ritorno? —, fra le maschere appena accennate sono disegnati solo due volti: due donne si rivolgono a un uomo di spalle, al centro della finestra che il disegno apre per noi sul foglio. Anche noi siamo di spalle come l'uomo: né lo specchio né lo sguardo sono nostri. E neppure la voce nel quadro, invisibile e insituabile. Qualcosa chiama nel quadro. Dove lo specchio e lo sguardo, dove la voce? Le due donne non se ne fanno supporto, non li rendono familiari, addomesticabili. Dove tu, dove io, dove lui. Le donne non sono lì nel quadro a togliere la ricerca e la difficoltà per l'uomo, né si fanno mediatrici della necessità del soggetto, di una soggezione alla cosa militare. Per cosa militano le donne? Per il compromesso forse, per l'armonia sociale? Militano per l'equivoco. Militanza, millitanza, originaria. Qual è la circostanza per cui si trovano lì? Lieta? Triste? Un sorriso il loro o una ruga amara? Contraddizione inconciliabile. Disegno dell'anfibologia. La circostanza è il pretesto dell'anfibologia, dell'ossimoro, pretesto per l'inconciliabile. Le donne nel disegno di Gurwich: custodi dell'equivoco e dell'ironia. Quando Gurwich ha 15 anni, è a Odessa con il padre. Distanti, in Bessarabia, la madre e la sorella. Lui vuole dipingere, ma non ci sono soldi per pagargli la retta ella scuola d'arte. Come incominciare? Come fare? Sempre le donne. Due donne benefattrici della scuola ammirano i suoi disegni e decidono di sostenere la sua domanda di ammissione. Gesto che instaura il mito delle donne. Diventeranno sempre insostituibili nei quadri di Gurwich. Le donne e la scuola d'arte, le donne e la cultura: la lettrice, la pianista, la modella, la suonatrice di chitarra, l'atleta entrano nei disegni, negli acquarelli, negli oli di Gurwich, nella sua parola. Anche la figlia Elena (Lena con libro), lettrice e poi pittrice. Anche la moglie, in un gesto di preghiera. 1943. Ancora una guerra, ancora le donne. "Le donne facevano per noi soldati ciò che nessuno al mondo avrebbe potuto mai fare". E senza eroismo. Senza virilizzarsi o femminilizzarsi. Le loro armi: la nuda veste, l'ironica simmetria di braccia e gambe. Tranquille e inquiete in ciascun gesto. Gurwich disegna armi artificiali, donne senza naturalismo nella guerra intellettuale. "Nell'esercito io mi trovavo in una posizione privilegiata: venivo sempre messo nella condizione di dipingere" — scrive nel suo diario di guerra. Mai finisce la guerra intellettuale, mai cessa la condizione di artista. Inassoggettabile all'emergenza, alle necessità della guerra di sevizio. Mittente la pulsione, la guerra intellettuale non è dei "tutti". E il privilegio di cui scrive Gurwich è ironico. Non gli risparmia nulla: né la pace né la guerra. Entrambe esigono la battaglia. E Gurwich è artista della battaglia. Ciascuna sua giornata è una battaglia, ciascuna battaglia ha il suo ritmo immilitare: raccontare, insegnare, disegnare, dipingere il va e vieni dell'onda, il va e vieni della pulsione. In pace e in guerra. In città e al fronte. Mai calmo Gurwich. Tranquillo e inquieto. Quell'onda s'instaura nelle marine, nelle brughiere, in spiaggia, in frutta e fiori. E nei nudi: sdraiati, allo specchio, al bagno, seduti. Abbondanti sempre. L'abbondanza: l'instaurazione dell'onda, del va e vieni pulsionale. L'onda va in quel fianco, viene in quella gamba; in quel ginocchio va, in quel gomito viene. Seno e cintura, schiena e natiche, un bambino nel cavo delle braccia. Il va e vieni. Nessuna circolarità, nessun corpo e nessuna scena gnostici, ma il paesaggio linguistico, che scrive l'immagine semovente, differente, acustica, fino al tipo, all'immagine senza significazione. […]
Il materiale di questo sito è tratto dai libri d'arte di Josif Gurwich, disponibili al sito di Spirali
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