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Nota biografica

 
Michail Anikushin nel suo atelier   Aleksej Lazykin, Lo scultore Anikushin, 1993, china su carta cm 8x10
 

Michail Kostantinovič Anikushin nasce a Mosca, in una famiglia numerosa, nel 1917. Fin dall’infanzia coltiva l’amore per l’arte, divenendo un assiduo frequentatore di musei e gallerie e partecipando a varie mostre per artisti esordienti.

Appena adolescente, comincia a studiare scultura sotto la guida di Grigorij Kozlov, che lo avvia alle tradizioni della scuola del Realismo russo del XIX secolo. Risalgono a questo periodo le sue prime opere, ispirate a personaggi familiari, come i compagni, i parenti e il maestro. Nel 1937, si trasferisce a Leningrado, dove si iscrive alla facoltà di scultura dell’Accademia di Belle Arti e diviene allievo dei maestri Boris V. Ioganson e Aleksandr Matveev. Proprio da quest’ultimo trae la vitalità, l’osservazione, il ritmo e l’interpretazione plastica della figura umana. Ricorda Anikushin: “Matveev ci insegnava che l’arte era più importante di tutto. Non abbiamo mai pensato né a onorificenze né a premi”.

Nel 1941, ancora studente, è chiamato a combattere sul fronte di Leningrado (ora di nuovo San Pietroburgo). Negli anni del dopoguerra si dedica prevalentemente al disegno. Medici, scienziati, attori e musicisti sono i suoi modelli ispiratori, ma uno in particolare — il poeta Aleksandr S. Puškin — stimola la sua creatività, segnando in modo decisivo il suo itinerario artistico.

Le fiabe e i versi del grande poeta russo offrono all’artista il materiale per molte delle sue successive creazioni. Il primo progetto per il monumento a Puškin risale al 1937. La statua viene inaugurata il 18 giugno 1957 in ploščad’ Iskusstv, a Leningrado. Il livello artistico, poetico, plastico ed emotivo raggiunto è tale da farne una delle opere più belle e importanti della scultura europea. Grazie a quest’opera, nel 1958, riceve il premio Lenin, il più importante della Russia, assegnato quell’anno anche al compositore Dmitrij Šostakovič.

AnikushinAnikushin non abbandona Puškin, e proprio a Gurzuf (dove il poeta aveva soggiornato e dove aveva scritto Il prigioniero del Caucaso) decide di scolpire una statua che lo ritrae giovanissimo. Questa è solo una fra le innumerevoli opere dedicate al celebre scrittore: bozzetti, disegni, busti, monumenti si possono infatti ammirare nel giardino del museo Puškin a Kišinëv, e nelle città di Taškent e Archangelsk. In ogni luogo dove Puškin aveva lavorato e vissuto, l'artista trovava testimonianze, tracce e discendenti del poeta, traendone spunto per le sue opere d’arte, rese in omaggio allo scrittore prediletto.

Nel 1954 l’artista compie il suo primo viaggio in Italia. Venezia, Firenze, Roma, Milano scolpiscono immagini indelebili nella sua mente; ne sono testimonianza gli schizzi, i disegni e le annotazioni consegnati alle pagine di un suo diario di viaggio.

Un capitolo a sé merita l’arte funeraria: busti e monumenti dedicati a scienziati, artisti e compositori famosi rappresentano un contributo artistico e evocativo di personaggi la cui memoria si sottrae così all’oblio del tempo. Dal 1955 al 1957, Anikushin lavora al monumento del geografo Aleksandr Vojekov. È del 1960 la lapide del musicista Rejngol’d M. Glier, presso il cimitero Novodevič’e di Mosca; del 1961, quella dell’attore Juriev, nella Necropoli dei maestri dell’arte a San Pietroburgo. Si distinguono per espressività e valore simbolico il monumento al chirurgo Pëtr Kuprijanov (1947), e il busto di Valentin Čumak (1966), ritratto nelle vesti di fanciullo. Numerose, poi, sono le opere sepolcrali esposte nei musei e nelle gallerie di tutta la Russia.

Nel 1961 inizia il progetto per il noto monumento a Čechov, eretto a Mosca nel 1966, nello Strastnoj bul’var. I bozzetti, i modelli, i disegni e i ritratti che Anikushin tratteggia prima e dopo l’opera definitiva — in marmo, in gesso, in bronzo — sono creazioni a se stanti, pezzi unici di “un’opera perenne” degni di entrare a pieno titolo nella produzione artistica dello scultore. Lo interessano la forma, l’espressione, il tono, l’autorità. Lo colpiscono il volto, ma anche l’immagine intera, nel teatro che egli solo sa creare: monumenti di pietra vibranti di spirito, arte e cultura. La tecnica incomincia dal ritratto, da abbozzi leggeri e essenziali che poi divengono scultura e rimangono intatti nel tempo.

Valgono come pretesti gli avvenimenti del suo tempo, la guerra civile, la rivoluzione, le vicende dei soldati e della sua gente, persone comuni, come grandi figure dell’arte e della scienza, immersi nei loro pensieri, intenti nella loro occupazione. Da qui, inventa lo scenario della sua opera.

Negli anni cinquanta, Anikushin visita le fabbriche, s’interessa al movimento operaio, parla con gli intellettuali, segue tutte le manifestazioni e le iniziative dei giovani russi. A quel periodo risalgono i ritratti e le statue di operai, com’era suo padre. Dice a proposito di Krazev, operaio della fabbrica Elektrosila: “Vorrei scolpire Krazev così com’è nella vita, con il suo carattere, il suo umore, i suoi interessi…”.

Nel 1966 torna in Italia, questa volta per ammirare le opere di Michelangelo e l’arte degli antichi greci. Nel 1967, esegue una delle sue opere più imponenti: il fregio Vittoria (Pobeda), bassorilievo in bronzo collocato sulla facciata del palazzo Oktiabrskij di San Pietroburgo che racchiude, nei suoi ventotto metri di lunghezza, cinquant’anni di storia russa.

Nell’aprile del 1970, il celebre monumento a Lenin viene eretto in piazza Moskovskaja, a Leningrado. Iniziano nel 1974 i lavori per la realizzazione del monumento Agli eroici difensori di Leningrado (Geroičeskim zaščitnikam Leningrada), un omaggio alla memoria dei caduti durante l’assedio nazista della città. L’opera viene inaugurata nel maggio 1975 in ploščad’ Pobedy “piazza della Vittoria”, a Leningrado; conta trentacinque figure disposte in dieci composizioni, in una struttura a U.

A conferma della fama raggiunta, nel 1978 l’astronomo russo Nikolaij Stepanovič Černych gli dedica un asteroide, il 3358 Anikushin.

Nel suo immenso atelier sulla Neva, a San Pietroburgo, moltissime sono le opere dell’artista, di varie dimensioni. Qui sono conservati anche i numerosi progetti e gli studi per i monumenti della città in cui ha trascorso gran parte della sua vita, quelle più semplici e più belle fatte di immagini della sua gente: donne, uomini, bambini, accanto ai diari di viaggio, alle prove, agli schizzi, ai disegni, ai ritratti.

Nel 1992 Anikushin completa il monumento a Čajkovskij e cinque anni più tardi si spegne a San Pietroburgo. A dieci anni dalla morte, il museo dell’Accademia russa gli ha dedicato una grande retrospettiva e una targa commemorativa è stata posta fuori dal suo atelier per rendere omaggio a uno dei più grandi scultori russi del Novecento.