Il cielo di San Pietroburgo
di Michail K. Anikushin
MARIA ANIKUSHINA Prima ancora di diventare la moglie di un artista, ero artista io stessa. Fin da bambina ero appassionata all’arte.
Ho conosciuto Michail Anikushin all’Accademia di Belle Arti, mentre frequentavo il mio corso. Lui era il migliore fra tutti gli studenti.
È molto difficile essere moglie, ma essere artista è ancora più difficile. Non è facile essere moglie di un grande artista e rimanere artista. Probabilmente, la mia grande passione per l’arte e l’immensa stima per mio marito mi hanno dato la chance di rimanere artista e di essergli moglie.
Ci aiutiamo spesso. Io sono il critico più severo di un artista che è lodato da tutti. A volte, gli faccio osservazioni molto serie, mentre lui, quando entra nel mio atelier e qualcosa non gli piace, si arrabbia e la distrugge. Eppure non litighiamo e non abbiamo divergenze artistiche. Nei confronti dell’arte abbiamo cercato di conservare quanto ci è stato insegnato all’Accademia di Belle Arti dal nostro grande maestro Matveev.
L’arte fa parte della nostra vita, ma anche i figli e i nipotini fanno parte della nostra vita e ne siamo felici.
MICHAIL ANIKUSHIN Sono grato al destino che mi ha fatto incontrare una persona meravigliosa come Maria. Come tutta la mia famiglia – madre, padre, fratelli e sorella – siamo entrambi legati all’arte.
La nostra vita è trascorsa come una giornata, sono passati gli anni dello studio e gli anni difficili della seconda guerra mondiale. All’inizio della guerra, mia moglie viveva a San Pietroburgo e con tutti gli altri studenti partecipava alla difesa della città. Poi, andò in Asia Centrale dove era stato trasferito un istituto dell’Accademia. Ci siamo rivisti nel 1945. Abbiamo terminato l’Accademia, lei nel 1946, io nel 1947.
Con sacrifici e con tanta fatica è cominciata la nostra vita artistica, ma siamo contenti perché stiamo insieme e lavoriamo insieme, perché abbiamo figli e nipotini bellissimi.
Da bambino, abitavo con mia madre in un posto incantevole, partecipavo alle mostre e spesso venivo premiato con una bicicletta o con uno strumento per scolpire. La mia infanzia è trascorsa a Mosca dove visitavo regolarmente e con entusiasmo la galleria Tretjakov, il museo delle Belle Arti, il Museo della pittura contemporanea occidentale, insomma tutti i luoghi dove c’era arte. A dodici anni ho ascoltato per la prima volta Rigoletto e Il barbiere di Siviglia. Ricordo tutto come fosse ora.
Nel 1935 sono andato a San Pietroburgo per studiare all’Accademia di Belle Arti. All’epoca nessun esaminando poteva entrare senza avere terminato un corso di preparazione.
Nel 1938 era stato bandito un concorso per il monumento al poeta Risami nella città di Baku, in occasione della celebrazione, nel 1942, degli ottocento anni dalla sua nascita. L’architetto Vasilij Petrov e io facemmo un progetto e l’inviammo a Baku. Pochi mesi dopo ci comunicarono che avevamo vinto il concorso. Per il concorso erano stati presentati più di settantacinque progetti, inviati da numerose città del paese. Per noi, ma sopra tutto per me che all’epoca facevo il terzo anno d’Accademia, fu una grande vittoria.
Poi, ci proposero di partecipare al concorso per il monumento a Čiajkovskij, a Mosca. Ricordo che facemmo un bellissimo progetto, ma era il 1941 e incominciava la guerra. Musia e io eravamo a San Pietroburgo, la città era assediata: bombardamenti, fame, freddo, disgrazie e sciagure. Così, quando mi trovai a progettare il monumento Agli eroici difensori di Leningrado per partecipare al concorso, non ebbi bisogno di studiare quella tragedia perché l’avevo vissuta sulla mia pelle.
Nel 1947, quando ebbi terminato gli studi, nel nostro paese si stavano preparando le celebrazioni per l’anniversario della nascita di Puškin. Partecipai con alcuni miei coetanei. Il progetto fu affidato a me e all’architetto Petrov. Il monumento sarebbe sorto a San Pietroburgo nell’importante piazza delle Belle Arti, di fronte al Museo statale russo. Per raccontare del lavoro intorno a quel monumento ci vorrebbe un libro intero; vi basti sapere che prima di terminarlo feci un bellissimo viaggio in Italia. C’erano altri artisti con noi, visitammo le chiese e i musei, vedemmo le grandi opere del Rinascimento italiano a Venezia, Firenze, Milano, Roma. Quello fu un viaggio magnifico che mi lasciò un’enorme impressione. Al ritorno portai a termine il monumento a Puškin, che avevo incominciato dieci anni prima. Fu inaugurato nel 1957, durante le grandi celebrazioni dedicate al poeta.
Mia moglie Musia diceva che siamo stati educati in modo che per noi l’arte risultasse più importante di tutto. Non abbiamo mai pensato né a onorificenze né a premi. Ricordo le parole che il professor Matveev una volta disse agli studenti: "Non cercate di acquistare la gloria, se occorre arriverà da sola, camminando carponi".
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Estratto dal libro d’arte Il cielo di San Pietroburgo |