LUCE DA LUCE
di Carmine Benincasa
Le icone sono opere d’arte che rinviano e identificano immediatamente la cultura russa-bizantina e slava, frutto della grande teologia ortodossa. Le icone sono svelamento e occultamento, nascondono i corpi e lasciano svelati i volti: il volto nell’icona è l’epifania dell’invisibile. L’icona è presenza del non visibile ma non realtà, traccia ma non evento, segno che allude al mondo che attendiamo e invochiamo nella liturgia, mentre consumiamo la storia attraverso il limite della corporeità. Le icone non narrano, non descrivono, non rappresentano il tempo storico, ma sono frammenti poetici di fede, tessere di una visione che attendiamo nella fede e che gli artisti hanno assaggiato come primizia nell’estasi del fare l’opera d'arte.
Tuttavia le icone non vogliono essere la realtà ultima, non sono epifania dell’assoluto:
sono atti di fede che liberano l’immaginario e nella visione dell'opera consentono al credente una briciola edenica di beatitudine, aiutandolo a tollerare la condizione storica e quotidiana della colpa e del peccato.
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Ferdinando Ambrosino lavora da alcuni anni a un interminabile e dilatante ciclo pittorico sul tema dell’icona. Questi dipinti sono la sua riflessione teologica, la sua rivoluzione, che ignora movimenti ideologici o riferimenti teorici, una riflessione che riguarda solo la pittura. L’arte è cultura, non dipende né dalla natura né dalla storia (l’arte intesa come mimesis dipende dalla natura). Come cultura, la pittura è autonoma da ogni contesto o riferimento storico, ma individua la sua genesi e la fonte della sua ispirazione: l’icona russa è il cominciamento di queste opere. Si tratta di work in progress che riconduce a vaga forma tutta l’esperienza visiva e storica dell’artista e tutto il sapere acquisito lungo il processo formativo della sua coscienza. Ma giunto all’esito finale della pittura, la libertà è divenuta totale e incondizionata.
Con i dipinti dedicati alle icone, Ambrosino rompe gli equilibri, frantuma proporzioni e simmetrie, sbriciola ogni certezza della sua ricerca precedente. In questi dipinti la pittura è diventata ricerca di movimento che si appaga del suo stesso desiderare, tensione di qualità, ricerca di nuovi rapporti di energia, gioco e volontà a volere ignorare l’ordine statico della conoscenza. Nelle sue icone la conoscenza non significa più il dominio della ragione che annota le sue certezze, ma è luogo per far galleggiare il sapore di una libertà dissonante, sintomo di un’altra qualità della percezione del reale.
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