CAMPI FLEGREI ORIGINALI
di Alice Granger
È molto interessante, per ascoltare la pittura arcobaleno di Ferdinando Ambrosino, l’accostamento fra alcuni quadri della sua giovinezza d’artista e la sua opera recente.
La costante risalta subito, così come risalta la trasformazione sotto la forza di un’influenza che vogliamo interrogare. Una fortissima impressione, davanti a queste tele, di un niente di perduto, di un sempre la stessa cosa, proprio attraverso i colori particolari e specifici di Ambrosino, i colori flegrei del suo paese originario.
Costante di colori propri di queste terre vulcaniche, e del mare, che s’impongono fuori dell’ombra, fuori dello scuro e del grigio. Sopra tutto un fiammeggiare rosso fuoco di una pittura sibillina, uscita da questa regione di Cuma. E sempre, la luce di questa regione, calda e gioiosa oltre l’oscuro e il grigio, placida nel blu e nell’azzurro.
Terre vulcaniche, come spesso sono vulcanici i colori. Metafora pulsionale. Come nel quadro Primavera a Cuma (1967).
Non c’è rappresentazione nella pittura di Ambrosino. Anzi, le tele di gioventù, per esempio quelle in cui si legge l’influenza impressionista, raccontano che qualcosa d’immemoriale distrugge la rappresentazione, impedisce il realismo. Piuttosto che parlare di stile impressionista, ascoltiamo l’impressione immemoriale che s’imprime sulla tela, che s’impone vincente su qualsiasi visione.
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