Il mondo sotto uno sguardo luminoso
di Alekseij Lazykin
Ivan Michajlovič Nikiforov nacque nel 1897, ma a occuparsi di pittura incominciò dopo più di mezzo secolo.
Quando la nipotina disegnava e si dilettava con i colori, Ivan Michajlovič suggeriva soltanto, o correggeva... Poi, la bambina crebbe e s'interessò a altre cose. Ivan Michajlovič rimase solo, con se stesso e con gli acquerelli.
I familiari non erano contenti e gli dicevano: "Non sei un bambino, Ivan Michajlovič. Giocare con i colori in vecchiaia!". Incominciò come artista dilettante lavorando in un angolo della cucina, dipinse solo con gli acquarelli perché non poteva permettersi gli oli: ma l'atmosfera era pesante e la famiglia non lo sopportava.
Si sa che la pittura richiede un'indole quieta, un lavoro sedentario.
Per l'intero giorno, l'artista lavorava con fatica su un foglio di carta da parati, disegnava figurine variopinte, infilzava collane da festa, descriveva città e villaggi, stendeva nastri di seta...
Ti sorprendi quando guardi la sua pittura: essa fiorisce come fiorisce in estate un campo di epilobio, meliloto, camomilla, trifoglio...
Quando faceva caldo, Ivan Michajlovič passava il proprio tempo nella piazza della stazione, che era un posto vivo, pieno di gente. Lì c'era da guardare, da osservare, c'era qualcuno con cui scambiare una parola e, poi, la mensa era dietro l'angolo. Stava seduto su una panchina, appoggiato al bastone, pensava, ricordava... Se aveva una buona idea, la disegnava la sera... E se ora la guardi, ti appare nella sua trasformazione artistica.
Sopra tutto, a Ivan Michajlovič piaceva rappresentare il tempo che fugge, e lo faceva con i suoi ghiribizzi, i suoi costumi, la vita.
Ecco il pagliaccio. I fazzoletti, gli scialli, i berretti a visiera, le poddiovke, i sarafan di tela. Sotto una tenda da giostra nuotano cupole dorate, non coronate da croci ma da fiori capricciosi. È la Fiera.
S'inchinano le cameriere, facendo svolazzare le nappine scarlatte dei cinturoni di stoffa. Sui vassoi sono disposte teiere decorate. Con i caffettani slacciati, sudano i vetturini, bevono il tè. Trattoria.
I tratti etnografici sono noti all'artista, non per sentito dire o per averli visti nelle illustrazioni. Li ha visti lui stesso.
Sul "Fossato" vicino a Balcug, i bravi spavaldi si comportano baldanzosamente, si urtano l'un l'altro, si vantano della loro forza... Pendono tutte da una parte le casette delle viuzze sull'Oltremoscova. Sui ponti di legno i passanti curiosano... Questo dipinto s'intitola Lotta a pugni.
Uomini in casacche di canapa e donne in grembiuli colorati picchiano accanitamente i covoni con i bastoni (Trebbiatura).
Come in un buon lubok, si svolge un episodio capitato a cacciatori scalognati. È accaduto l'inimmaginabile: da dietro un albero è spuntato un caprone, si è infuriato e ha incominciato a incornare... Un cacciatore, spaventato, si è arrampicato sull'albero, un altro, battendosela, si trascina tutto il suo equipaggiamento.
È molto difficile trasformare un aneddoto in un fatto artistico. Nikiforov ci riesce con invidiabile facilità. Naturalmente, gli vengono in aiuto il carattere convenzionale, la decoratività, il linguaggio ingenuo dei lubok. Solo, egli non fa ciò con calcolo, tutto avviene spontaneamente e, perciò, la genuinità dei sentimenti e la forma sono tutt'uno.
Nikiforov è un artista che viene dalla gente. Miracolosamente, ha conservato gli elementi della tradizione. È noto come l'antico artista russo non lavorasse dal vero: egli si basava su canoni elaborati, su simboli, su disegni. Nikiforov ha seguito questi principi. Come nelle icone, egli ha raggruppato compattamente le figure, ha impiegato i pigmenti preferiti: cinabro, ocra, azzurro. Agli abiti ha assegnato oro e argento. I volti li ha ravvivati, come un raffinato pittore d'icone.
Caratteristica delle sue miniature è la monumentalità e l'importanza dell'avvenimento raffigurato. L'autore ha utilizzato la sottile parafrasi degli accorgimenti della pittura a vernice, dell'affresco delle chiese, dell'intaglio e della cesellatura. In effetti, nell'anima è un artigiano...
Ciascun tema è sviluppato dall'artista in serie. È originale quella dei fogli raffiguranti, in modo pittoresco, la Mosca prerivoluzionaria.
Ecco la piazza Trubnaja, acciottolata, con l'immancabile tram a cavalli, ci sono il poliziotto e l'osteria, i portoni sudici, la carretta con l'icona della Madonna di Tver'.
Ecco la Chitrovka con la folla di straccioni, le caserme, le pensioncine.
[...]
Nikiforov ama e conosce Mosca.
Giunto in città all'età di undici anni, aveva incominciato a lavorare in una pasticceria, dove trascinava pesanti recipienti con brodaglie dolci. Viveva nella Zarjadie, vicino a Nikola Mokryj, una chiesetta in una zona paludosa.
Sarebbe morto di fatica se lo zio non avesse avuto pietà di lui e non gli avesse trovato un altro lavoro. Incominciò a lavorare il cuoio, imparò a fare borse e borsellini.
Partecipò alla prima guerra mondiale. Quindi, a quella civile. Ciascuna cosa della sua vita, egli la rappresentò nella pittura. Le tane delle trincee, i mantelli color topo. I soldati morti coperti di sangue. Questi sono gli unici lavori di Nikiforov che si distinguono per una coloritura tenebrosa. E non poteva rappresentare altrimenti la guerra mondiale.
La guerra civile, invece, è sublimata poeticamente: giganti con l'elmo cavalcano su destrieri rosa, arancione e color lampone su stoppie dorate, su verdi smeraldo. Colori fiammanti!
Nel 1942, Nikiforov lavorò al fronte come scaricatore. Al caricamento, si occupava del pesante affusto. Andò in pensione. Dopo la guerra, fece ancora qualcosa in un kolchoz, ma la moglie lo trascinò in città a Puškino, nella regione di Mosca.
Ecco la semplice storia della vita e dell'arte di Ivan Nikiforov.
Il suo talento fu notato dalla Casa regionale dell'arte popolare che lo considerò con affetto e con orgoglio. Ma non poté offrirgli un aiuto reale – mentre invece bisognava concedergli uno studio, anche per ricompensarlo delle opere che ora ornano le esposizioni e le mostre.
E non bisogna dimenticare che gli artigiani e i collezionisti disperdono i frutti dell'arte popolare, e molte opere, cadute in mano a gente che lo trascura, vanno perse.
Il destino di Nikiforov è quello tipico dei talenti dell'arte popolare di oggi. Nell'età della pensione, non è raro che la vita spirituale s'intensifichi. Gl'ideali e i sogni dimenticati della gioventù ritornano. Una persona che va in pensione non deve pensare al tozzo di pane, in una certa misura è al di fuori della società del lavoro, dove si sentiva indispensabile, e può soddisfare il suo bisogno di lavoro creativo. Questo distacco lo spinge a approfondire se stesso. [...]
Se il suo talento è medio, può nascere un pittore anonimo, che non brilla per unicità, ma che lavora per rispondere a un gusto non tanto sviluppato. Costui può produrre in abbondanza tappeti con cigni, può fare ritratti da fotografie, comporre paesaggi con sorprendenti piante tropicali. Ma se questo talento non è dozzinale, allora appaiono vere e proprie opere d'arte, purtroppo, però (non bisogna illudersi!), limitate dalle insufficienti conoscenze tecniche. Qui non ci può essere ambiguità. È certo sintomatico il fatto che il tentativo di questi artisti d'impiegare il linguaggio dell'arte moderna comporti spesso un disastro: l'originalità e l'individualità scompaiono.
Nikiforov non è minacciato da tutto questo. Egli non è giovane e, dunque, non spera d'incominciare di nuovo tutto. Noi dobbiamo prenderlo così com'è. Non è logico trascinarlo in uno studio e legarlo a metodi a lui non congeniali.
La creazione di Ivan Nikiforov, e di autori a lui simili provenienti dal popolo, può essere senza dubbio rapportata alla creazione dei realisti naïf, che si basano sull'intensità dei propri sentimenti e sulla forza del dono di natura. Nelle loro opere, ci attirano non la limitatezza e la fissità del tempo, ma la chiarezza immediata del vedere, l'amore semplice per il creato e per quanto fiorisce sulla terra. Un tale artista è un meraviglioso messaggero che ci porta dal passato il concetto tradizionale di bellezza plastica.
Di simili talenti non ce ne sono molti. Essi brillano come preziose pietre dure nel grande e potente flusso della creazione autodidatta. Sono unici nel loro genere, ma, in una certa misura, sono infantili e fragili. Rapportarsi con tatto e attenzione al mondo individuale, già formato, di questi artisti è il pegno per la nascita di nuove opere che possiedano un'indubbia portata estetica.
(da “Sovetskaja Kul'tura” del 15, VIII, 1970)
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