Alekseij Lazykin

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Il tema sociale nell'arte degli artisti popolari

di Alekseij Lazykin

L'arte degli artisti professionisti dei primi anni della rivoluzione – artisti usciti da un ambiente operaio e contadino, che avevano partecipato direttamente ai fatti della rivoluzione o che quei fatti li avevano osservati – si distingue nettamente dal loro orientamento sociale.


La struttura politica del paese determinò la loro piattaforma estetica, ma la coscienza dell'appartenenza alla propria classe venne da loro espressa con un metodo già, a prima vista, inatteso e sui generis. I seguaci dello stile accademico imperante accolsero da nemici tale intrusione nello specifico della rappresentazione. Ma gli artisti, che cercavano costantemente un linguaggio plastico di comunicazione con lo spettatore proletario, ritenevano la loro arte un vessillo del tempo e un rinnovamento dell'arte raffinata. Così, l'arte dei rappresentanti del popolo si fece intendere possentemente nel ventesimo secolo.


L'interesse per l'arte popolare che sorse, seppure con ritardo, all'inizio del secolo è esaltazione per un'esperienza collettiva secolare, per l'infinita diversità di forme uniche, per una sincerità che è sempre vittoriosa. Avendo come sfondo programmi molto significativi e tutti i manifesti estetici possibili, nonché l'alleggerimento dalle reminiscenze musive e gli sbandamenti ora nello sperimentalismo costruttivista ora nel nuovo movimento di pittori realisti, ci si accorse improvvisamente che le realizzazioni stilistiche dell'arte tradizionale contadina potevano stare accanto alle ricerche nel campo dell'arte figurativa, e che il genio collettivo popolare anticipava, quasi, le tendenze individuali degli artisti del ventesimo secolo.


Più o meno così venne considerata la mostra Arte contadina del 1921 in cui, per la prima volta, fu pienamente rappresentata l'arte applicata popolare, a lungo considerata ambito degli etnografi. In seguito a questa mostra, dopo due anni si aprì la mostra dell'agricoltura e dell'artigianato, in cui la Russia rivoluzionaria esponeva, insieme con esempi di manufatti dell'industria, delle fabbriche e delle officine, anche lavori di artigiani popolari. Nelle sue valutazioni, Tugendchol'd constatava che: "... un'enorme massa di popolazione russa vive ancora nel periodo dell''arte popolare' e proprio la Russia sovietica, più di ogni altro paese è interessata a un maggiore sviluppo delle masse artistiche di dilettanti". Tugendchol'd si entusiasmò per i disegni di Ganna Sobacka e di Evmen Psečenko esposti alla mostra, destinati al cucito e alla decorazione, e per i lavori di ex bogomazy di Vladimir, che decoravano vassoi e manufatti in legno.


Prima della rivoluzione, i rapporti con gli artisti dilettanti o, come allora si chiamavano, artisti solitari erano più che altro di condiscendenza. Nel flusso generale delle opere dei professionisti semplicemente non venivano notati, non erano presi sul serio. Ne è esempio il tragico destino di Pirosmanašvili e di molti altri pittori sconosciuti, rimasti anonimi.


La pittura "barbara" dei naïf urtava il gusto della classe dominante. Perfino in Francia, dove esistevano tendenze artistiche diverse, Henri Rousseau era stato deriso dai borghesi. Eppure, questo artista – come disse Picasso – "non è un caso a sé stante: rappresenta la perfezione di un certo tipo di pensiero".


Gli anni venti-inizio anni trenta furono un tempo di entusiasmo creativo delle masse, di programmi e di realizzazioni audaci. Il "cavallo d'acciaio", il trattore, Magnitika, Volchovstroj, Dneproges sono le prime tappe della nuova società. Tutto ciò non poteva non rispecchiarsi nella creazione degli artisti venuti dal popolo.


Un potente impulso creativo li spinge a creare opere con gusto e maestria. Gli artisti dilettanti incominciano a esporre accanto ai professionisti. Si esprime il democratismo di maestri smaliziati portati alla sorpresa dall'assenza completa di ecletticità e di sperimentazione. La rettilinearità degli slogan rivoluzionari non fece nascere in loro opere didattiche. Li salvarono l'autenticità, la fede e l'abnegazione negli ideali della rivoluzione. Non conoscendo i problemi della forma artistica, gli artisti autodidatti mettevano nel dipinto tutto ciò che li emozionava profondamente e che richiedeva un'immediata realizzazione. Il processo creativo li coinvolgeva e faceva di loro veri artisti.


I lavori di quegli anni lontani che si sono conservati appartengono a una pittura popolare sui generis dedicata all'edificazione del governo sovietico. Su vecchie tele, e spesso su compensato, gli artisti dipingevano intorno ai temi più pittoreschi del quotidiano.


I titoli delle opere parlano da soli: Scuola di alfabetizzazione, Processione solenne nel giorno della cooperazione, Si costruisce Magnitogorsk, La stakanovista, ecc. Ciascuna di queste cose è dipinta con la propria "grafia": ora una pittura secca, ora un insieme ornamentale di oggetti e figure, ora un grottesco satirico da lubok, una scrittura di dettagli in cui ogni particolare ha un significato preciso.


Gli elementi tradizionali della decoratività popolare, di cui non possono fare a meno gli artisti popolari, a volte sono velati, a volte appaiono in modo palese e chiaro. Prendiamo, per esempio, il quadro di Točkin I lisenzy [persone private dei diritti civili, N.d.T.]. I personaggi ricordano i giocattoli dipinti di legno o di cartapesta, coniati dallo stampo della satira popolare e di una ironia bonaria. Il principio della decoratività è qui accostato a una scena simbolica, che ricorda le tavole teatrali su cui si svolge lo spettacolo satirico. A accogliere il lavoratore c'è una fila divertente: il generale, il proprietario, il pope, il kulak, in una parola, quelli che il proletariato ha privato del potere, come uno slogan scarlatto constata: "Per i servi dello zar, per i generali, i fabbricanti, i proprietari e i vili kulak non c'è posto nei Soviet!".


Torna in mente la decorazione laccata, quando si osserva il quadro Processione solenne nel giorno della cooperazione di I. Voronov. I blu, i verdi e i viola del parco di sera si sciolgono e s'induriscono. I fuochi d'artificio, i fanali, le figurine che passeggiano sono vere e proprie pietre dure. Nella tela di M. Utkin Il kolchoz di Dubrovsk si nota un congelamento dei gesti, come se il tempo si fosse fermato, e fosse forgiato, limitato dalla cornice del quadro. Sullo sbiadito ocra delle stoppie sono dipinte le figurine dei kolchoziani. Un contadino barbuto, in casacca color lapislazzulo e con berretto a visiera, prende la forca e... aleggia nell'aria. Ma non è questo l'essenziale. Per l'autore, d'istinto, la preoccupazione è altrove: nella superficie del quadro come piano, dove viene creata una decorazione ritmica con gli arabeschi delle figurine. La pittura è atonale, trasparente, laccata. Ci rammenta le scene dipinte sulle conocchie, sui pannelli, sui bauli.


L'analogia con l'arte applicata, evidentemente, è la regola, dal momento che la maggioranza degli artisti popolari proviene dall'ambito patriarcale contadino, in cui l'ideale estetico è strettamente legato al carattere utilitaristico dell'arte applicata. Ecco perché nei dipinti degli artisti naïf s'incontrano elementi dell'arte contadina. Il mutamento sociale nella loro coscienza, nato dal cambiamento rivoluzionario, ha preso vita insieme con l'educazione patriarcale, e di conseguenza con l'accettazione delle tradizioni nazionali nell'arte. Perciò, le opere sul tema della costruzione del socialismo negli artisti popolari hanno un certo grado di arcaismo decorativo e di primitivismo. Basandosi su una loro aprioristica visione del mondo, seguendo un proprio schema, una propria idea, essi involontariamente tendono a una sintesi che, di regola, li porta a uno stile monumentale. Da qui la staticità delle loro opere, l'arcaicità dei mezzi plastici. La varietà e la ricchezza della creatività figurativa, come dimostra la vita, sono inseparabili...

("Sovetskaja Kul'tura", IV. 1970)

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