"Il Tempo", 18 dicembre 1962
[...] nella circostanza della nascita dell’Astralismo, un movimento d’arte che avrebbe inteso mettersi al passo con la conquista degli spazi a opera della scienza, e da cui il nostro deriverebbe adesso un suo “realismo lunare”, come ultimo stadio di una evoluzione che partendo dal figurativo tradizionale passa per un periodo in cui l’espressione pittorica, assai vicina a significati di simbolo, riusciva a sfuggire, pur nella purezza quasi calligrafica delle immagini, il pericolo di una loro manierata perfezione.
Fu il periodo delle figure con le calve teste ovali, a mezza strada su una pittura d’intenzione metafisica, tanto che, svuotati in esse gli occhi e la bocca socchiusa dal riflesso di una loro stupita interiorizzata vicenda, il riferimento più prossimo andrebbe a un De Chirico del ’15. Era a suo modo già un tentativo, realizzato sulla figura umana,
di superamento d’ogni realtà convenzionale. L’espressione trasognata, più che un risultato sulla tela, diventava la spia a uno sforzo dell’autore, cui l’Astralismo avrebbe come aperto una finestra su irrivelati paesaggi lunari [...]. |