PAOLO GESTRI
MANLIO CANCOGNI
BERT W. MEIJER
UMBERTO BALDINI
RAFFAELLA DE GRADA
ELENA LOMBARDO
ANTONIO PAOLUCCI
RAFFAELLO BERTOLI
MASSIMO DI VOLO
PIER FRANSCESCO MARCUCCI
ROBERTO SALVINI
GLAUCO CAMBON
RODOLFO GATTAI
MILENA MILANI
PIER CARLO SANTINI |
LUISA BECHERUCCI 1981
Ancora una volta, caro Panichi, abbiamo avuto insieme un lungo colloquio dinanzi a un gruppo di sue opere: quelle, recenti, che figurano in questa mostra. L'altra volta era stato davanti alla grandiosa composizione che lei aveva appena compiuta, in attesa di trasporla nella sua sede, in un vasto ambiente presso la chiesa di Ognissanti. Qui, i formati sono minori, ma non minore è la volontà drammatica della rappresentazione. E lei stesso, rispondendo a una mia domanda, mi dichiarava che la fonte è nella Bibbia, sua inesausta lettura fin dalla prima giovinezza. È quel dramma, così terribilmente essenziale, che la sua arte si pone come una meta. Anche se i suoi soggetti sono tutt'altro che biblici, anzi spesso sono colti nella vita d'ogni giorno, come i suoi tragici "terremotati", il cui dolore assume, rivissuto da lei, una dimensione sacrale. Il colloquio con lei mi ha aiutato a intendere questo substrato della sua volontà espressiva, che giustifica tutta la sua ricerca di pittore. Non si tratta per lei — e non sarebbe del resto possibile a un uomo del nostro tempo — di definire in ogni dettaglio la violenza di quest'angoscia. La sua ricerca è di destarne in noi, con la forza di un essenziale suggerimento, il senso più vero e profondo. E l'indefinito, anzi il "non finito" di questa forma tormentata è reso da un colore denso, cupo, ma tutto percorso da interni bagliori: un colore che ci richiama il più grande Seicento europeo fino alla sua ultima filiazione nel Goya.
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