PAOLO GESTRI
GLAUCO CAMBON
BERT W. MEIJER
UMBERTO BALDINI
MANLIO CANCOGNI
ELENA LOMBARDO
ANTONIO PAOLUCCI
LUISA BECHERUCCI
RAFFAELLA DE GRADA
PIER FRANSCESCO MARCUCCI
ROBERTO SALVINI
RAFFAELLO BERTOLI
MASSIMO DI VOLO
MILENA MILANI
PIER CARLO SANTINI

RODOLFO GATTAI

Una "Commedia" in chiave moderna Serie di tempere di Roberto Panichi ispirate all'opera dantesca Non poteva mancare almeno un omaggio a Dante nelle prime manifestazioni per l'anno di Firenze capitale europea della cultura. Questo il significato di una originale iniziativa della Società "Leonardo da Vinci": il sodalizio ha ospitato nella sua sede di Palazzo Corsini un ciclo di dipinti moderni ispirati alla Commedia, 34 tempere grasse del professor Roberto Panichi, pittore "omologato" come un espressionista intriso di classicismo. Con la mostra, che ha il sapore di una grossa novità, la "Leonardo" ha appunto inteso richiamare, in questo anno particolare, la presenza dei temi danteschi nella storia dell'arte europea, tutta punteggiata da opere (spesso capolavori famosi) con le quali generazioni di artisti, compresi i grandi maestri del passato, hanno risposto alle sollecitazioni interiori ed estetiche della Commedia. I quadri di Panichi — 13 sull'Inferno, 11 sul Purgatorio e 10 sul Paradiso — rappresentano "interpretazioni" di episodi e personaggi delle tre cantiche. Tale "antologia dantesca" è integrata da un ritratto del poeta divino, dove il profilo giottesco del Bargello è filtrato dalla idealizzazione e dal gusto di Roberto Panichi. Mario Bucci e Francesco Mazzoni hanno detto che, per la qualità e la specificità, queste opere sono documento nella storia e testimonianza del sentimento personalissimo dell'artista. Panichi, in realtà, nulla ha concesso agli stereotipi: le sue sono trascrizioni in piena libertà, ma senza stravolgimento dello spirito più profondo dei personaggi e degli episodi scelti (pensiamo all'ambiguo Brunetto Latini calato qui in allusive forme efebiche). Panichi ha addirittura superato il suo "tradizionale" coloristico fondato sui monocromi per lo più scuri, intervallando gli impasti stemperati e vigorosi con policromatici bagliori di fuoco e di luce nei quali le figure, disegnate a tocchi grossi di pennello (rara la mediazione dell'inchiostro), si inseriscono in modo spontaneo e naturale. La serie di tempere, nate da una felicità inventiva non calcolata, formano un tutto giudicato inscindibile. Da qui la proposta, accolta dall'autore, di non disperderne l'unità in attesa di una già adombrata collocazione dell'"antologia" in qualche istituzione o museo.