PAOLO GESTRI
MANLIO CANCOGNI
BERT W. MEIJER
LUISA BECHERUCCI
RAFFAELLA DE GRADA
ELENA LOMBARDO
ANTONIO PAOLUCCI
RAFFAELLO BERTOLI
MASSIMO DI VOLO
PIER FRANSCESCO MARCUCCI
ROBERTO SALVINI
GLAUCO CAMBON
RODOLFO GATTAI
MILENA MILANI
PIER CARLO SANTINI |
UMBERTO BALDINI 1975
Più di un critico si è interessato finora dell'attività di Roberto Panichi. Le sue ampie anche se non frequenti esposizioni l'hanno posto con una certa vivacità all'attenzione di molti. Per quel suo modo diretto di entrare nella realtà degli uomini e delle cose; per quel suo modo di porgere, che trattiene, senza tuttavia prevaricare, l'emozione, la sua profonda conoscenza dei mezzi di cui si serve; per quel suo accento di personalissima vibrazione poetica. Impostazione tecnica, dunque, e morale che sta alla base di un discorso che per lui diviene coscienza e modo d'essere. Non c'è frattura, non c'è rottura in questo suo aprirsi a noi: c'è, anzi, come un umile accostarsi a quelle che sono le realtà anche più semplici del nostro vivere quotidiano. Anche se i volti dei suoi personaggi, i paesaggi, gli oggetti che compongono le sue nature morte si sottopongono tutti a una specie di filtro d'amore che è la somma dei suoi interessi, della sua cultura, della sua preparazione. È, insomma, un operare "distinto": un eloquio nobile del quale senti la caratura, senza sotterfugi e soprattutto con la coscienza di avere una fede nel proprio modo d'essere e di pensare.
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