RODOLFO GATTAI
GLAUCO CAMBON
PIER FRANSCESCO MARCUCCI
UMBERTO BALDINI
MANLIO CANCOGNI
PAOLO GESTRI
ANTONIO PAOLUCCI
LUISA BECHERUCCI
RAFFAELLA DE GRADA
ELENA LOMBARDO
ROBERTO SALVINI
RAFFAELLO BERTOLI
MASSIMO DI VOLO
BERT W. MEIJER
PIER CARLO SANTINI |
MILENA MILANI 2000
Il mondo è delle donne. Perlomeno quello di Roberto Panichi, pittore fiorentino, anche se è nato in Piemonte, ma da genitori toscani, nel 1937. Per la quarta volta a Cortina d'Ampezzo, sempre con mostre personali, stavolta espone a Spazio Cultura le sue eroine, con un titolo provocatorio Cipria e rossetto. Si entra e si è coinvolti, si respira quell'atmosfera, quell'odore tipicamente femminile, che dà alla testa, come se dai dipinti a olio e dalle ceramiche (tutti lavori recenti) si levasse un soffio di tiepido vento, una lievissima polvere dorata e profumata. Lì, in mezzo, i visitatori maschi avvertono uno stato di agitazione, mentre le signore sono a proprio agio. Il via vai, il passaparola diffonde il nome di Panichi, tanto che nei salotti ampezzani si contendono l'artista, lo invitano in continuazione a feste, ricevimenti, pranzi e cene, ai tè pomeridiani, a gite e pic nic. Roberto Panichi, inoltre è un esteta, sa insomma capire la bellezza. È anche un letterato, uno scrittore di saggi. Ha insegnato per anni, dopo la sua laurea in Lettere antiche all'Università di Firenze, infine si è dedicato completamente alla pittura. Spesso tiene conferenze, parla molto bene, lui stesso viene ammirato, perché ha un volto nobilissimo, specchio dell'anima sensibile, e un gestire misurato da attore di teatro. Hai studiato recitazione, per intrattenere tanto bene il tuo pubblico? "Mi sento interprete della storia di oggi, soprattutto di quella muliebre. Non faccio nessuna fatica a sintonizzarmi sulla lunghezza d'onda femminile. Le donne hanno una grazia innata, nei loro corpi, nei loro volti. Così anche le mie parole, e i miei atteggiamenti, si uniformano all'universo donna, per raggiungere l'identica dolcezza delle creature che amo". Le tue figure, sulle tele e nelle ceramiche, sono sempre segnate da introspezioni. È come se tu entrassi nel personaggio femminile, come farebbe uno psicoanalista. "Sono d'accordo. Voglio avere coerenza anche se i mezzi di espressione differiscono. Queste ultime ceramiche le ho fatte a Deruta, in provincia di Perugia, in una delle manifatture più antiche. Le mie protagoniste offrono i loro volti complessi, nei quali ci sono drammi ma anche serenità. C'è la vita contemporanea, con le sue mutevolezze. Vorrei riuscire a dare l'immagine del tempo con le sue impronte visibili. Ogni segno espressivo è come una ricerca che l'artista esegue anche su se stesso, per chiarire meglio il proprio pensiero. Insomma, io cerco di identificarmi nelle figure che dipingo". Tu sei anche un lettore di testi del passato. Quali sono? "Virgilio soprattutto. Ma anche Ovidio. Tra i contemporanei amo Thomas Mann. Mi sono anche ispirato alla Divina Commedia. Trentacinque mie tempere grasse, relative al capolavoro di Dante, sono state acquistate dal William Benton Museum of Art, in America. Ho anche scritto il Manifesto dell'Espressionismo Simbolico Formale, al quale hanno aderito altri artisti fiorentini". Abiti a Firenze, sulla collina di Bellosguardo, in un ex convento, tra il verde, il cielo, i gatti. Come ti trovi a Cortina? "Amo la natura. Che è splendida sia in Toscana sia nel Veneto. A Cortina, poi, sono a mio agio, ci ritorno appena possibile. Sono legato a Flavia e a Renato Sartor, a Mariuccia Juvarra, tre persone che capiscono la mia arte, con le quali posso dialogare. Mi trovo benissimo quando cammino per i boschi, nel silenzio tra gli alberi, ma anche tra la gente, tra tutte queste donne bellissime, alle quali voglio dedicare la mia pittura, i miei ritratti. Spesso mi imbatto in figure antiche, con velature, con luci e ombre. Mi viene la tentazione di dipingerle, per scoprire maggiormente il loro mistero. Ogni donna lo è". E tu vorresti interpretare sempre di più le loro emozioni… "Lo sto già facendo. Spoglio le immagini da ogni sedimento, per ritornare all'archetipo, all'idea primitiva, che deve essere trasparente. Con materiali diversi, faccio sparire e poi riaffiorare quei volti che diventano metafisici. "Cipria e rossetto" indicano uno stato d'animo, una situazione, un gioco esaltante".
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