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Vicenzo Accame
Auto(bio)grafia
Queste opere costituiscono un frammento “auto(bio)grafico”, un frammento di quella più generale AUTO(BIO)GRAFIA cui da qualche anno sto lavorando, implicitamente
e esplicitamente.
Il parlare di sé è consuetudine del poeta, variabile è il suo grado di consapevolezza.
In questo caso, tuttavia, il discorso memoriale si esplicita prevalentemente in una direzione che non è esclusivamente verbale. Ponendo in parentesi il “bio” si è voluto evidenziare una polivalenza semantica implicita alla nozione portata dal valore lessicale.
La possibilità di una lettura extraparentesi impone un “autografico” che evidenzia anche l’esclusività del gesto.
Il “bio” diventa sotteso e ipotetico, o semplicemente facoltativo (per chi legge, ovviamente), lasciando al “grafos”, allo scrivere in sé, manuale e originale (“autografo”),
il compito di condurre il discorso inventivo. In questi lavori, al ricordo in sé tende a sovrapporsi il fatto stesso del ricordare; quasi inconsapevolmente prende corpo a poco a poco una larvale teoria del ricordo, il quale si frantuma, parcellizzato dall’estrinsecazione grafica (“autografica”) in una serie di proposizioni variate, variabili incontrollate di un processo analitico che si avvale, contrapponendoli, di strumenti razionali e irrazionali. Alla razionalità compositiva che la frase in sé propone fa riscontro una “istintualità incontrollata” che agisce al livello dell’inconscio, lasciando emergere dal flusso del ricordo elementi che probabilmente detengono una più accentuata significanza.
Il “possibile” tra razionale e irrazionale, in qualsiasi gesto creativo, rimane sempre cospicuo. Ed è essenziale, anche qui, il fatto che il significato stia proprio in quel margine imprevedibile (e imprescindibile in questo lavoro) compreso tra ciò che è leggibile e ciò che non è leggibile (come “verbale”…). Il significato nasce dal rapporto tra i due livelli di leggibilità.
Rimangono poi alcune situazioni di fondo, già ampiamente sperimentate, date dal fatto che
i tempi di scrittura e i tempi di pensiero, in pratica, non coincidono mai, consentendo un inserimento, tra i due momenti, di elementi per così dire estranei e imprevedibili, valutabili come “invenzione” tout court. Il particolare del ricordo si traduce graficamente in una serie di tracce, emblemi, se si vuole, di un percorso memoriale che sfugge a precise limitazioni temporali. Quello che si vorrebbe tradurre in segno è un ideale “spazio della memoria”.
Come dettaglio esemplificativo, si potrebbe dire che la frase verbale (o la parola) evidenziata, nella sua ripetizione, perde gran parte del suo significato letterale, ribaltando la significatività su quanto ambiguamente presuppone: cioè una stratificazione dei fatti accaduti in una realtà che si manifesta soltanto fuori del suo tempo. Qui il passato non è più un tempo perduto o ritrovato, bensì uno spazio bianco da riempire, al di là di ogni metafora. In pratica, è così che il foglio bianco si trasforma in “pagina scritta”.
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