Vincenzo Accame
 
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Valerio Dehò
Mappe verbali

Con spirito squisitamente tassonomico avverto che di fronte all’opera di Accame, e anche dietro talune volte, bisogna modificare gli occhiali tradizionali della poesia visuale che abbiamo così bene imparato a usare, in quanto il poeta libero ha costeggiato fra terra e mare, fra “parola dipinta” e “pittura scritta”.

Nel primo caso infatti, viene utilizzato il potere di suggestione estetica & estatica delle parole in forma di scrittura, per creare con esse delle immagini grafiche o ideografiche.

Tale processo avviene per addizione richiedendo una complicità da parte del lettore-spettatore. I significanti riverberano sotto le nuove associazioni di significanti.
Il valore estetico ricompone il significato linguistico attraverso la sua sospensione e all’utente (sic) viene chiesta una perdita parziale di competenza dall’uso contestualmente improprio del significante.

La complicità è apparente.
Basti pensare che le scritture desemantizzate di varie lingue sono spesso assunte solo a livello estetico, come è accaduto con gli ideogrammi giapponesi o con l’alfabeto cirillico di cui si è impossessata l’industria della moda o all’uso delle antiche scritture, riprese o scimmiottate, da parte della scrittura astratto-segnica. La messa a parte del significato, la forza del significante che si risemanticizza sradicato dal contesto d’origine, appartiene alla nostra tradizione culturale, se si prende in considerazione l’uso delle lingue morte in un autore come il Pascoli.

Oltre non vado perché non so.

Ma se si accetta il principio che ogni opera d’arte o poetica crea nuovi significati bisogna accettare un lessico che cambia per un trattamento endolinguistico o estetico.

In secondo luogo, nel caso di Accame ci si trova di fronte a un caso di “pittura scritta”.
Il valore iconico delle sue scritture, vere e proprie filigrane che si allungano sulla superficie “scrittorica”, non annulla le parole, ma le amplifica. Tale procedura porta la parola a ricevere un nuovo significante dall’organizzazione spaziale della catena sintagmatica che si concede alla funzione estetica.

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