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Dario Evola
Salvatore D'Addario rivoluzione in sordina
Di complesso percorso bisogna parlare per l'opera di Salvatore D'Addario, come Candelaresi, marchigiano e anche egli profondamente radicato nell'esperienza estetica della pagina lirica liciniana da cui apprende qualità compositiva e valori cromatici che evocano anche il Tamburi più parigino. Ma sono soprattutto Mannucci e Fazzini i "migliori fabbri" dell'arte plastica e armonica di D'Addario – esperienza condivisa anche da Candelaresi – specie nel suo ultimo periodo di ricerca tridimensionale. Osservando i quadri del primo periodo, quelli in cui l'impronta liciniana è più presente, si nota come dalla superficie bidimensionale tendano a scaturire vettori di una forza nascosta orientati al di là della superficie, ma è questo un sottilissimo gioco di demarcazione cromatica, un accenno di cornice che imprime tensione cinetica alla composizione, aiutata da presenze coloristiche che riprendono Licini-Tamburi. Segni alfabetici a volte campeggiano al centro visivo del quadro, ma tendono a fuggire dalla bidimensione.
Evocatività allusiva del segno, come ha giustamente rilevato Crispolti a proposito di questa fase della ricerca pittorica di D'Addario, ma che tuttavia sente insufficienza della pagina e la sente in modo tormentato. L'artista sembra essere giunto alla convinzione che stiamo attraversando "l'età della ghisa", l'età del ferro, e si orienta verso una materia costruttiva e plastica che si ispira alle lamiere, ai segni autostradali, alla costruzione volumetrica di materiale industriale "pesante"; perviene a questa fase attrezzato della cultura costruttivista da Malevič a Tatlin, del gusto compositivo di Pannaggi e della ritmicità di Melotti, così come, nel trattare la materia specificatamente pittorica delle tele elaborate, per un periodo, attinge a Fontana e Burri. Ma è nelle costruzioni in ferro, nelle saldature di lamiere pesanti, grigie, apparentemente "fredde" che D'Addario surriscalda il linguaggio dell'arte portando una corrente di pensiero critico verso il presente e di ripensamento forte nei confronti del fare artistico.
1992 (dalla presentazione in catalogo in occasione della mostra patrocinata a Jesi dalla Regione Marche, 23-31 maggio 1992)
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