Salvatore D'Addario
 
 
 

Contributi di critica

 

Leo Strozzieri

Salvatore D'Addario, la lirica dello spazio

Ampie e ricorrenti stesure di spazi, uno sforzo indefesso di cancellare risse, inquietudini, allarmi, un silenzio recettivo di spermatozoi vaganti come stelle cadenti, increduli per tanta attenzione: coincidenza di semina e speranza, atto e potenza, tempo ed eternità per la letizia di un artista che ha sempre odiato la verbosità e la retorica, amante com'è della meditazione del singolo su se stesso. D'Addario torna agli alfabeti puri, carichi di indefinite possibilità, saturi di recondite polivalenze; è l'ispezione su un mondo inconsunto, primordiale da incanto genesiaco ove la vita è una fioritura di razionalità candida, candidissima. Non per nulla spesso il suo linguaggio è veicolato dalla geometria, sacramento dell'ottimismo secondo cui infinite monadi cooperano all'armonia del tutto.

La vitalità dei segni di D'Addario è itinerante, fatta di palpitazioni, relazioni, di monologio-proslogio, coincidenze e adesioni, trasmissioni e ascolto, mimesi di archetipi eterni per una salda eticità che coincide con l'esternarsi del messaggio.

Ingredienti sottili, eppure ieratici; entità minimali, eppure solenni; isolati neumi che però suggeriscono una sinfonia cosmica: la grafia che si fa musica in uno sforzo incessante per rendere anarchiche e cosmopolite le arti, che uscendo dallo specifico amplificano entusiasticamente il proprio splendore. I disegni di questo valente artista operante in Ancona, ma di origine molisana, sono pagine liriche di intensa espressività, realizzati ma non compiuti, poiché esigono l'intervento del fruitore che posto sotto stato di intensa emozione vede dischiudersi infiniti mondi, theatrum sempre attivo e cattivante per un caleidoscopio di radiazioni, minime e rarefatte, ma anche corali e tumultuose.

D'Addario o la lirica dello spazio. Spazio fatto di ricchezze, di logoi, di energia, di bassorilievi grafici, di fonemi formulati talora con tendenze lineari e anche spiraliformi con una eleganza estetica e perfino sensuale.

Le equazioni spaziali permettono sia una lettura lirica, che onirica. Infatti la vita usuale è ben diversa da quella proposta dall'artista, sicché è giusto concludere che non di effettiva liberazione dall'abisso si tratta, ma di sogno nostalgico-profetico che si consuma entro i confini della coscienza, cui presiede privilegiato l'occhio interiore. Questo sogno lirico è frutto d'un carattere trasparente, intemerato, nutrito di intensa spiritualità: la planimetria dei suoi disegni è planimetria del suo spirito da cui emergono dolcissime favole che si concretizzano in un clima aurorale ed incorrotto. Parrebbe che D'Addario con gli itinerari interiori abbia perso di vista la dimensione comunitaria, sociale dell'arte. Ma non è così, perché l'esaltazione di un'esistenza en plein air interviene positivamente come modello nella costruzione di un mondo migliore. Del resto crocianamente è bene che l'artista non si lasci corrodere e corrompere da dirette giaciture sociali che raffredderebbero la vibrazione poetica dell'opera.

Una parola a parte merita la signatura cromatica di questi disegni, che l'artista espone alla Galleria del Falconiere di Ancona, una delle più attente a recepire le modificazioni che si susseguono nel campo delle arti visive, sparse e tenui segnalazioni di colore pronte a ricostruire una purezza di luce che nel tumultuare della sfrenatezza informale era stata assorbita da oscurissimi vortici, private della trasparenza umanistica, di poetiche memorie, di primizia dello spirito. D'Addario recupera ed inserisce nell'alba dei suoi fogli queste scie luminose e musicali, trepidanti e acrobatiche, dislocate sotto forme cromatiche con estrema cura e sapienza compositiva: epifania della formatività e del segno e del colore esorcizzato nei suoi inserti puramente materiali.

1982 (pubblicato in "Il Centro", 2-8 giugno 1982)

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